Un mese dopo aver promesso liquidità a cittadini e imprese, per il PD la priorità è introdurre nuove tasse sui redditi

Mentre siamo ancora in attesa di capire quando i cittadini e le imprese potranno finalmente vedere gli effetti della “potenza di fuoco” promessa da Conte con le misure, a suo dire, “poderose” del decreto liquidità, mentre i lavoratori dipendenti e le partite IVA vedono sfumare l’impegno preso dallo stesso Presidente del Consiglio di ricevere l’accredito della cassa integrazione e del bonus “entro il 15 aprile”, mentre nemmeno un euro dei circa 25 miliardi di scostamento del deficit autorizzati dal Parlamento ormai un mese fa è finito sui conti correnti di chi sta pagando il prezzo più alto per l’emergenza economica dovuta al coronavirus, in tutto questo quadro il PD, immediatamente superato a sinistra dai suoi alleati, pensa bene di introdurre una nuova tassa patrimoniale sul reddito, che va ad aggiungersi a quelle sugli immobili. Insomma, il risparmio degli italiani come soluzione alla crisi.

Peccato che si tratti di una misura del tutto propagandistica e di scarsa efficacia, che garantirebbe, forse, un livello di gettito minimo e comunque assolutamente insufficiente rispetto alla quantità di liquidità immediata necessaria per sostenere il nostro tessuto economico e che, al contrario, avrebbe degli effetti recessivi.

Progettiamo la ripartenza. Adesso

Un commissario straordinario per l’economia piemontese dotato di poteri, cosiddetti, speciali? Non è solo necessario, ma urgente. Ed è da indicare e responsabilizzare adesso, progettando una strategia che ci consenta da un lato di evitare di farci trovare impreparati e in ritardo quando, finalmente, l’emergenza sanitaria sarà più gestibile; e, dall’altro lato, di reggere la competizione con altri territori, magari anticipandone le politiche di rilancio economico.

E’ significativo, in tal senso, il consenso unanime da parte delle principali organizzazioni imprenditoriali alla proposta di Claudia Porchietto, immediatamente e giustamente fatta propria dal Presidente Alberto Cirio, perché da quel mondo possono – e devono – arrivare contributi importanti nella definizione di un piano d’azione e nell’individuazione di obiettivi concreti da conseguire. Così come è importante il fatto che molti esponenti politici, a livello regionale e nazionale, abbiano sottolineato con le loro dichiarazioni la necessità di procedere in quella direzione, sostenendo anch’essi – ed io sottoscrivo – che la figura idonea ad assumere tale ruolo sia il Governatore del nostro Piemonte, forte della larghissima legittimazione popolare ottenuta poco meno di un anno fa.

Qualcuno, al contrario, forse non rendendosi conto di quanto le polemiche strumentali siano ormai fuori luogo e fuori tempo rispetto alla realtà che stiamo vivendo, ha bocciato senza appello l’idea. Altri, con tono altrettanto polemico, hanno parlato di assenza di proposta, al netto dello slogan.

Bene, al di là della strana sintonia fra queste posizioni, vorrei rispondere – o tentare di farlo – proprio a quest’ultima sollecitazione, perché ritengo, al contrario, che le nuove leve del centrodestra piemontese abbiano la capacità di offrire all’agenda politica regionale contenuti, proposte e azioni. Pertanto, mi faccio carico di rompere il ghiaccio, individuando tre macro obiettivi per il Piemonte del dopo-coronavirus, da raggiungere attraverso i poteri speciali di cui si sta parlando.

Il primo è l’ottenimento per tutto il territorio piemontese dello status di Zona Economica Speciale (ZES), per essere liberi di dotarci di politiche a “burocrazia zero” e di offrire una fiscalità di vantaggio alle iniziative imprenditoriali che generino lavoro e sviluppo. Procedure snelle, controlli solo ex post e tassazione competitiva, sia nel livello, sia negli adempimenti, affinché il Piemonte riparta subito.

Il secondo obiettivo riguarda le infrastrutture strategiche, non solo nell’elencazione delle priorità – che sono note e che sono, tutt’al più, da attualizzare – ma anche nella definizione precisa di tempi e modi per la loro realizzazione, in deroga al codice dei contratti pubblici. Quindi, modello Genova per il completamento della Asti-Cuneo, per la seconda linea della Metropolitana di Torino, e poi per la chiusura ad est dell’anello tangenziale di Torino, per la quarta corsia della tangenziale nord, per un collegamento diretto tra Caselle e Malpensa, per l’alta velocità Torino-Genova, per nuove interconnessioni sulla linea AV Torino-Milano, cui affiancare un grande piano di edilizia ospedaliera e scolastica, in un’ideale continuità con le eccellenze sanitarie e di alta formazione che, da sempre, caratterizzano in particolare l’area metropolitana torinese.

Il terzo obiettivo, infine, riguarda la ricerca di fonti di finanziamento per sostenere le politiche di investimento, al di là della capacità o della possibilità dello Stato centrale e dell’attuale Unione Europea di trasferire risorse che, forse, non sarebbero neppure sufficienti in una situazione di “normalità”: figurarsi in tempi come quelli che ci attendono, dopo un’emergenza di tale portata!

E allora il commissario per l’emergenza economica dovrebbe poter far ricorso al mercato dei capitali quale ulteriore modalità di approvvigionamento finanziario, attraverso l’emissione di obbligazioni – che potremmo chiamare “Piemonte Bond” – indirizzati ai risparmiatori privati, oltreché agli investitori istituzionali. Niente di nuovo, perché se da un lato esperienze positive in tal senso sono, ad esempio, rintracciabili in alcune grandi municipalità degli Stati Uniti, dall’altro lato la stessa normativa italiana ne consente il ricorso: si tratta, però, di eliminare alcune rigidità tecniche che fino ad oggi hanno reso poco appetibile tale strumento di investimento e prevedere la possibilità di organizzare un mercato secondario efficiente, sul quale poter realizzare il controvalore delle obbligazioni in caso di necessità, come avviene per i BOT.

Ecco, di fronte alla sfida della “ricostruzione”, c’è la necessità di mettere in campo misure eccezionali e fuori dall’ordinarietà. C’è l’obbligo di essere innovativi, veloci e orientati alla “execution”. C’è bisogno di poteri speciali, ma anche di persone “speciali”, a cominciare da chi – e ce ne sono! – abbia maturato importanti esperienze professionali fuori dai nostri confini, ottenendo risultati straordinari nei rispettivi campi: perché non offrire a quei talenti una sorta di “contratto di rimpatrio” in Piemonte per affrontare l’opportunità della ripartenza, sul modello del progetto “master and back” attivo da qualche anno in Regione Sardegna nell’ambito della formazione universitaria?

Insomma, è il momento di un’assunzione di responsabilità generazionale, togliendo ogni alibi a coloro che negli ultimi anni hanno spesso rivendicato, senza però mai pretenderlo, spazio nella gestione della cosa pubblica. Una grande operazione che si incarichi di consegnare ai nostri figli e ai nostri nipoti un Piemonte forte e prospero come quello che abbiamo ricevuto in dono dai nostri padri.

Soccorso alimentare, le risorse per i Comuni sono insufficienti

La situazione è difficile e certamente questo non è il momento per le polemiche. Tuttavia, sul tema degli interventi urgenti per la cosiddetta assistenza alimentare e sull’entità di risorse pubbliche messe a disposizione dei Comuni da parte del Governo è necessario fare chiarezza, per poi magari prevedere i necessari correttivi nel prossimo decreto economico, che noi auspichiamo veda la luce già nei primi giorni di aprile, con tutta la liquidità che serve per evitare il tracollo della nostra economia.

I 4,3 miliardi del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 marzo non sono altro che un anticipo della quota del fondo di solidarietà comunale, che il Governo eroga ogni anno con le risorse derivanti dall’IMU pagata dai cittadini e che hanno già una loro destinazione nei bilanci comunali. Sono fondi ordinari e non straordinari, dunque. L’unica differenza con gli anni precedenti è che la prima erogazione, pari a due terzi del totale, avverrà a breve, e non nel mese di maggio, mentre il saldo sarà ad ottobre come ogni anno. Sulla ripartizione ai Comuni di quelle risorse, c’è poi da evidenziare come i criteri siano quelli del 2019, cosa che penalizza gli enti locali del nord, ovvero quelli maggiormente colpiti dall’emergenza sanitaria ed economica causate dal coronavirus.

Quanto ai 400 milioni aggiuntivi stabiliti con l’ordinanza della Protezione civile, da un lato è chiaro fin d’ora che non saranno sufficienti per far fronte all’improvvisa difficoltà economica che sta colpendo numerose famiglie, a cominciare dai lavoratori autonomi costretti a chiedere le loro attività, senza ovviamente dimenticare le situazioni già in carico ai servizi sociali. Dall’altro lato, si tratta di una procedura che assegna una grande responsabilità ai Comuni, che dovranno inventarsi la modalità per individuare i destinatari di questo soccorso alimentare ed organizzare la distribuzione di buoni pasto o direttamente della spesa. Un’intermediazione che rischia di allungare i tempi e che mette i sindaci e gli amministratori comunali ancora di più sotto pressione, in un periodo per loro già molto difficile nella gestione della quotidianità stravolta dall’emergenza coronavirus.

Coronavirus, servono misure shock. Bene le parole di Draghi sul FT

Fin dall’inizio dell’emergenza Forza Italia ha sostenuto la necessità di provvedimenti shock per sostenere l’economia del nostro Paese. Quando il Governo parlava di interventi per 3,5 miliardi, noi auspicavamo di utilizzare i 30 miliardi dell’avanzo primario registrato dalla nostra contabilità pubblica nel 2019. E fin da subito abbiamo considerato i 25 miliardi del decreto cosiddetto “Cura Italia” come un primo tassello, cui necessariamente ne dovranno seguire altri di entità ancora tutte da definire.

Per questo riteniamo che quanto dichiarato ieri da Mario Draghi sulle colonne del Financial Times sia pienamente condivisibile. E lo è principalmente per due motivi: il primo, perché l’aumento del debito pubblico, in uno scenario, quale è quello attuale, paragonabile ad una guerra, consentirebbe di evitare una distruzione permanente della capacità produttiva delle nostre imprese, cui necessariamente seguirebbe un crollo del PIL e l’insostenibilità dello stesso debito pubblico italiano. Al contrario, se le risorse derivanti dall’aumento in termini assoluti del debito pubblico dovessero essere indirizzate a politiche capaci di rilanciare la crescita economica, come gli investimenti nelle infrastrutture, un poderoso taglio delle tasse, il sostegno diretto ai nostri asset industriali, senza dimenticare le politiche di assistenza a chi ha davvero bisogno, ecco che il nostro PIL potrebbe essere difeso e con esso la nostra capacità di remunerare chi investe nei nostri titoli di stato. Tutto ciò, certamente, mettendo in campo un’efficace attività di vigilanza affinché tali risorse non vadano invece disperse nei mille rivoli della spesa pubblica improduttiva, un rischio che con l’attuale Governo corriamo seriamente.

Il secondo motivo è perché si pone l’accento sulla velocità di esecuzione come elemento essenziale per l’efficacia del ricorso all’indebitamento straordinario, eliminando ogni barriera burocratica all’erogazione di liquidità direttamente a chi crea valore e garantisce gli attuali livelli occupazionali: è un tema cruciale per tante imprese, specie piccole e piccolissime, che basano la propria sopravvivenza sul flusso di cassa e che rischiano di saltare se l’intervento dello Stato dovesse arrivare in ritardo: in casi come questi, il costo dell’esitazione può essere davvero irreversibile. 

Click day per il bonus ai lavoratori autonomi? Oltre al danno, la beffa

Un click day per i 600 euro destinati ai lavoratori autonomi e partite IVA? Al danno per una cifra che non porterebbe alcun beneficio a migliaia di imprese che in queste settimane hanno un fatturato praticamente azzerato, si sommerebbe la beffa di una procedura che necessariamente lascerebbe tanti aventi diritto senza alcun tipo di ristoro. Pertanto, mi auguro che quanto ha dichiarato il Presidente dell’INPS Tridico sia esclusivamente frutto della sua fantasia e dell’ansia di comunicare del suo staff e non trovi riscontro nella realtà. In ciò, mi conforta la netta presa di posizione del Sottosegretario all’Economia Pierpaolo Baretta, il quale stamane ha escluso in maniera chiara una decisione del Governo in tal senso. Nella grande emergenza che il Paese sta vivendo quello che serve è un aiuto concreto, fatto di più liquidità per i lavoratori autonomi e per i professionisti, e non c’è alcun bisogno di una competizione virtuale che vedrebbe comunque sempre qualcuno escluso.

Stiamo parlando, in Piemonte, del 74% delle 89.100 imprese registrate alle Camere di Commercio, e cioè circa 57 mila esercizi commerciali. Un numero impressionante di attività che hanno dovuto abbassare la saracinesca per contribuire a fermare l’emergenza sanitaria dovuta al coronavirus e che ora rischiano di subire un colpo pesantissimo nei loro bilanci annuali: a questi lavoratori autonomi servono l’adeguatezza e la tempestività delle decisioni da parte del Governo e la semplicità e l’accessibilità delle procedure da parte dell’INPS. Niente di più, niente di meno.

Per promuovere il lavoro agile nelle PPAA non basta il titolo, servono i finanziamenti

Promuovere il lavoro agile, favorire la diffusione dei servizi in rete e agevolare l’accesso agli stessi da parte di cittadini e imprese, autorizzando le pubbliche amministrazioni ad acquistare beni e servizi informatici senza gara pubblica, ma attraverso una scelta discrezionale. L’articolo 75 del decreto cosiddetto “Cura Italia” ha certamente una finalità condivisibile, quella cioè di estendere il più possibile il ricorso allo smart working presso gli enti pubblici. Peccato, però, che vi siano almeno un paio di limiti in questa previsione normativa.

Il primo, in prospettiva, è il rischio di aprire le nostre reti informatiche, specie quelle che trattano i dati più sensibili e che attengono alla nostra sicurezza nazionale, a fornitori non sicuri, in alcuni casi direttamente riconducibili a regimi stranieri, senza una procedura che garantisca la libera concorrenza.

Il secondo, più nell’immediato, è il fatto che tale disposizione non sia finanziata dallo Stato: si è lasciato, infatti, all’iniziativa delle amministrazioni pubbliche l’onere di procedere ad acquistare, ovviamente con risorse proprie, hardware e software necessari per consentire ai propri dipendenti di attivare progetti di lavoro a distanza. Con l’esito scontato di aver stabilito, ancora una volta, una norma-bandiera, che nella realtà non avrà effetti concreti, perché molte Amministrazioni locali, specie quelle dei Comuni più piccoli, non hanno nei loro bilanci le risorse necessarie ad adeguare le proprie strumentazioni informatiche. Si tratta, allora, di intervenire nella legge di conversione del decreto, e a tal fine presenterò una proposta di modifica che preveda un finanziamento agli enti locali.

Coronavirus, la bozza del decreto economico ha (poche) luci e (molte) ombre

Quello che è circolata ieri sera, e che stamattina abbiamo ritrovato sui quotidiani, è un decreto economico su cui il Governo ha ancora molto da lavorare. E’ vero, si tratta di una prima bozza. Ma, anche in questo caso, appare quantomeno curioso che, al momento, non siano indicate né le modalità né l’entità delle risorse che saranno indirizzate a finanziare le necessarie e urgenti misure a sostegno della liquidità di famiglie e imprese, specie quelle che più di tutte stanno subendo gli effetti negativi dell’attuale situazione di emergenza.

Se da un lato, infatti, il voucher baby sitter e il congedo parentale, seppur solo al 30%, così come il bonus caregiver e l’aumento degli organici del personale sanitario, sono certamente interventi importanti, dall’altro lato nel testo non vedo particolare attenzione ai lavoratori autonomi, alle partite IVA, ai professionisti, ai commercianti. A coloro, cioè, che tutte le mattine si mettono in gioco, e che oggi si trovano a vivere una crisi di liquidità senza precedenti e che mette a dura prova la loro stessa continuità aziendale. Per costoro, è certamente importante un sostegno attraverso il sistema bancario. Ma, più di tutto, servono interventi di ristoro economico significativi e diretti,

Coronavirus, il Governo garantisca guanti e mascherine per tutti

Ai grandi sacrifici che gli italiani stanno affrontando a causa dell’emergenza coronavirus, deve corrispondere un impegno del Governo non solo ad indicare con più chiarezza quali siano le restrizioni e quali categorie lavorative coinvolgano, ma anche a fare in modo che strumenti indispensabili per fermare il diffondersi del virus, come guanti in lattice e mascherine, siano messi immediatamente a disposizione di coloro che si trovano in prima linea, a cominciare dagli operatori sanitari e di pubblica sicurezza, di chi svolge mansioni e professioni a contatto col pubblico e di chi utilizza i mezzi pubblici per raggiungere il proprio posto di lavoro.

Mi auguro che il neo Commissario delegato a gestire l’emergenza Domenico Arcuri voglia fare in modo che i dispositivi di sicurezza necessari per difendersi dal coronavirus siano immediatamente disponibili per tutti gli italiani, attraverso un acquisto massiccio all’estero e, contestualmente, avviandone la produzione nel nostro Paese. Per noi di Forza Italia si tratta di una misura necessaria e urgente, e in tal senso vigileremo affinché la struttura commissariale, dotata di “ampi poteri di deroga” come ha sottolineato ieri sera il premier Conte, lavori da subito in questa direzione.

Coronavirus, per l’emergenza economica mettiamo in campo tutto ciò che serve

Noi di Forza Italia, insieme ai partiti del centrodestra, già nei giorni scorsi avevamo indicato l’ammontare delle risorse necessarie per una prima risposta concreta alle emergenze, in primis sanitaria ma anche economica, causate dal diffondersi del coronavirus.
La scelta del Governo di prevedere nel provvedimento oggi in Aula alla Camera uno stanziamento pari a 25 miliardi, una cifra che peraltro si discosta di molto rispetto alle sue previsioni iniziali, ci avvicina alla cifra di 30 miliardi che avevamo indicato al premier Conte e al Ministro Gualtieri, il valore cioè dell’avanzo primario conseguito dal nostro Paese nel 2019, pari all’1,7% della ricchezza prodotta dagli italiani.
E’ fondamentale e prioritario, infatti, mettere in campo risorse economiche adeguate alla tenuta del sistema sanitario italiano, messo a dura prova in tutte le sue componenti, e al sostegno del nostro tessuto industriale, delle nostre piccole e medie imprese, dei commercianti, degli artigiani, dei liberi professionisti.
È chiaro che si tratta di un intervento iniziale, perché purtroppo in questa fase non possiamo prevedere con certezza quali saranno gli esiti dell’emergenza in corso. Tuttavia dobbiamo fin d’ora prepararci a mettere in campo tutto ciò che serve, perché di fronte ad una situazione eccezionale nella sua negatività si deve rispondere con armi non convenzionali, e l’Italia deve essere in grado di farlo adeguatamente.

Emergenza economica, al Governo chiediamo interventi per i lavoratori autonomi, professionisti e partite IVA

L’emergenza Coronavirus sta danneggiando profondamente l’intero tessuto economico del nostro Paese e il Governo ha il dovere di identificare tutte le misure necessarie per tutelare tutti i lavoratori, a cominciare di chi è più esposto come gli autonomi e le partite IVA. Per questo ritengo necessaria la sospensione di tutti i versamenti e adempimenti tributari, contributivi e assistenziali, compresi quelli relativi ai tributi locali, prevedendo da subito l’annullamento di sanzioni e interessi.

In più, per tentare di contenere un’emergenza economica di tale portata si devono sospendere per tutti i contribuenti i pagamenti delle cartelle emesse dagli agenti di riscossione, compresi quelli collegati alle definizioni agevolate, nonché la riscossione coattiva, prevedendo un’ulteriore dilazione della rateazione dei pagamenti delle somme dovute all’erario a seguito di controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Inoltre, è fondamentale che il Governo si impegni a salvare le imprese dalla drammatica crisi di liquidità che stanno vivendo adesso e dalle difficoltà cui inevitabilmente dovranno far fronte quando potranno tornare ad operare a pieno regime, perché senza impresa non c’è lavoro.

Pertanto, bene la proposta dell’Ordine dei Commercialisti di ridurre del 50% la base imponibile dell’IMU per tutti i fabbricati utilizzati dalle imprese che svolgono attività che abbiano subito limitazioni a seguito dei provvedimenti dell’autorità pubblica per l’emergenza sanitaria, cui però vanno affiancati altri interventi che noi di Forza Italia chiediamo da tempo, come l’eliminazione di plastic e sugar tax, un intervento di modifica alla disciplina degli indici sintetici di affidabilità e la previsione di una modalità agile e semplice per gli adempimenti relativi agli interventi di ristoro economico per gli operatori e per i lavoratori che verranno messi in campo dalle Istituzioni.