Intervento in Aula su Legge di Bilancio 2020

Di seguito, l’intervento fatto alla Camera in data 22 dicembre, in merito alla Legge di Bilancio 2020 presentata dal Governo al Parlamento. Trovate sia il testo integrale del discorso che il video.

 

Testo discorso

Grazie Presidente,

Onorevoli colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo,

la discussione odierna sulla Legge più importante per lo Stato, la Legge di bilancio, in questo caso per il triennio 2020-2022, rappresenterebbe certamente un momento cruciale per il nostro Paese, perché in questa sede, e prima ancora nelle Commissioni di merito, tutti i gruppi parlamentari – quantomeno le opposizioni – avrebbero potuto esprimere le proprie posizioni e proporre le proprie ricette di politica economica.

Peccato, però, che nel cosiddetto “anno bellissimo”, quello cioè che sta volgendo al termine, la discussione in questo ramo del Parlamento sia stata totalmente negata, costringendoci ad annullare il nostro ruolo di rappresentanti dei cittadini e degradando la nostra funzione di legislatori a quella del “passacarte”.

Certo, dal mese di ottobre in avanti abbiamo però potuto osservare un balletto di dichiarazioni, di provvedimenti ipotizzati, altri spuntati all’ultimo, retromarce a seguito di legittime reazioni, specie del mondo produttivo, un balletto – dicevo – che si è svolto quasi esclusivamente sui mezzi di informazione, poi per pochi giorni al Senato e infine per nulla qui, nelle sedi opportune della Camera dei Deputati.

Un iter inaccettabile, mai visto prima se non in rarissime eccezioni, che ha costretto i gruppi di opposizione – che, lo ricordo a me stesso, rappresentano la maggioranza degli Italiani, come tutte le elezioni dal marzo 2018 ad oggi hanno certificato – a ricorrere alla Corte Costituzionale.

Oltre a questo aspetto, mi interessa però sottolineare come in questa Legge di bilancio manchino del tutto interventi di natura strategica, che cerchino in qualche modo di affrontare i problemi “di sistema” del nostro Paese: penso all’inadeguatezza ormai conclamata, anche tragicamente, delle nostre infrastrutture materiali e immateriali; ad un sistema fiscale oppressivo sia dal punto di vista degli adempimenti, sia soprattutto in termini di entità del livello di tassazione a carico di cittadini e imprese; ad un mercato del lavoro che non consente una rapida formazione e ricollocazione di chi perde il proprio posto, anche a seguito della fin qui fallimentare attività dei navigator; ad una stratificazione burocratica che continua a generare costi insostenibili, sia finanziari e sia in termini di tempo sottratto al lavoro; ad una politica industriale totalmente assente e incapace di far fronte alle tante, troppe crisi aziendali che caratterizzano tante aree dell’Italia (e penso alla provincia da cui provengo, Torino, che negli ultimi anni ha visto la chiusura di numerosi stabilimenti industriali, il ricorso sempre maggiore alla cassa integrazione, con tutto ciò che ne è conseguito in termini di crollo dei consumi e, quindi, di decrescita economica che, ve lo garantisco, è stata – ed è! – decisamente infelice!!!).

Al contrario, si tratta di una Legge di bilancio con un orizzonte quotidiano (avrei voluto dire tattico, ma mi pare troppo), con provvedimenti spot che trovano, peraltro, copertura economica da un lato con entrate straordinarie – quindi, per natura non ricorrenti – come quelle previste dal cosiddetto collegato fiscale, e con il disinnesco delle “clausole di salvaguardia” sull’IVA in misura preponderante attraverso la tecnica del ricorso al maggior deficit per il primo anno (2020) e con la scelta, sempre di moda anche con chi doveva aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, di rinviare il problema agli anni successivi.

E anche quelle misure, residuali in termini di risorse disponibili sul complesso della manovra, come il taglio del cuneo fiscale, oltre a veder la luce a metà 2020, promettono di essere poco incisive sia per chi vedrà aumentare la propria retribuzione, sia più in generale per la crescita dei consumi interni, quindi della produzione nazionale e, in definitiva, degli indicatori economici dell’Italia nel contesto europeo e mondiale. Continuiamo, infatti, ad essere ultimi o penultimi nella classifica del PIL dei Paesi dell’UE, con tassi di crescita vicini allo zero.

Più tasse, più burocrazia, più assistenzialismo, più spesa corrente da un lato; meno investimenti, meno libertà, meno crescita economica, meno efficienza della pubblica amministrazione dall’altro: questa, in un tweet, è la sintesi della Legge di bilancio del Conte-bis.

E se anche andassimo a riesumare l’accordo di Governo del settembre scorso, potremmo certificare come, salvo la neutralizzazione dell’aumento dell’IVA – ottenuta, come dicevo poc’anzi, per 2/3 con il ricordo alla “flessibilità” concessa dall’Unione Europea, alias maggior deficit per il 2020 e maggior debito per le generazioni future – scopriremmo che di tutte le altre misure, definite “prioritarie”, di quell’accordo non vi è traccia, se non con risorse modeste: e parlo delle “misure  di  sostegno alle famiglie e ai  disabili, del perseguimento di politiche per l’emergenza abitativa, di misure di  deburocratizzazione e di semplificazione amministrativa, del rafforzamento  degli  incentivi per gli investimenti privati, dell’incremento della dotazione delle risorse per la scuola, per l’Università, per la ricerca e per il welfare”. A proposito, che fine ha fatto la minaccia di dimissioni del Ministro Fioramonti a seguito del mancato ottenimento di risorse per il suo Ministero in questa Legge di bilancio?

Su questi punti, che pure avevate indicato come qualificanti della legge di bilancio 2020, non possiamo esprimere giudizi proprio per la loro assenza, o per una presenza – se va bene – marginale, dal provvedimento in esame. Mentre risulta del tutto assente la “politica economica espansiva”, che nelle vostre intenzioni avrebbe dovuto “indirizzare il Paese verso una solida prospettiva di crescita e di sviluppo sostenibile”.

Gli stessi interventi per quello che viene definito “Green New Deal”, e cioè politiche orientate alla sostenibilità ambientale, sono in realtà misure finalizzate a trovare coperture finanziarie certe, qui e ora. Peccato, però, che si tratti di una previsione destinata a rimanere sulla carta, perché queste vere e proprie tasse sui consumi determineranno a consuntivo una contrazione degli investimenti, dei posti di lavoro, dei consumi stessi e, in definitiva, del gettito fiscale. Sarete costretti ad inventarvi altre tasse, aggravando ulteriormente la pressione fiscale complessiva!

Noi, al contrario, avremmo utilizzato tutta la flessibilità concessa (solo per il 2020, più di 16 MLD) e le risorse che avete confermato per il reddito di cittadinanza (7,1 MLD per il solo anno 2020, circa 25 miliardi nel triennio) per alcuni interventi in grado di stimolare la crescita del PIL del nostro Paese, attraverso:

  • un taglio consistente del cuneo fiscale per aumentare di 1000 euro all’anno gli stipendi dei lavoratori;
  • uno shock fiscale, con l’introduzione di una vera flat tax per tutti (al contrario, con questa legge si interviene penalizzando le partite IVA che ne avevano beneficiato a seguito della legge di bilancio 2019-2021), con la prospettiva di un inserimento in Costituzione di un tetto alla pressione fiscale, che nelle nostre intenzioni non deve superare un terzo del PIL e del reddito personale;
  • il pagamento debiti della PA nei confronti delle imprese che da troppo tempo aspettano di veder riconosciuto il loro diritto ad essere remunerati per il lavoro e i servizi offerti;
  • il sostegno concreto alle politiche per la famiglia, con l’obiettivo di invertire radicalmente il trend negativo della natalità, attraverso il riconoscimento di un assegno mensile di 150 euro fino al compimento del ventunesimo anno di età: per combattere la crisi delle nascite che – a causa dell’invecchiamento della popolazione – ci consegneranno fra 20 anni un crollo del 15% del PIL, servono interventi di natura strategica come quello che avevamo ipotizzato.

Questi, in estrema sintesi, sono gli assi portanti su cui avremmo concentrato il nostro lavoro parlamentare qualora ci fosse stato concesso e che abbiamo trasformato in emendamenti, tutti respinti senza discussione. Ma la precarietà della vostra maggioranza vi ha obbligati ad annullare ogni tipo di rischio in quest’Aula, e quindi siamo qui, oggi, a discutere in merito alla Legge più importante in attesa che, fra qualche ora, il Governo chieda l’ennesimo voto di fiducia, andando a puntellarne il record. E poco importa se lo stesso Presidente della Camera, colui cioè che nel discorso d’insediamento alla Terza carica dello Stato aveva, giustamente, sottolineato “la centralità del Parlamento” nella rappresentazione degli interessi dei cittadini e nella formazione delle leggi, oggi rinnovi il suo “appello al Governo affinché questa situazione non si ripeta più”.

E sempre in tema di citazioni più o meno lungimiranti, mi avvio alla conclusione ricordando le parole dell’attuale Presidente del Consiglio, il quale in occasione della sua prima legge di bilancio aveva affermato: “Ci sono tutte le premesse per un bellissimo 2019 e per gli anni a venire. L’Italia ha un programma di ripresa incredibile. C’è tanto entusiasmo e tanta fiducia da parte dei cittadini e c’è tanta determinazione da parte del governo”. Testuali parole, che poi lui stesso aveva dovuto retrocedere al rango di “battuta”, arrendendosi all’evidenza dei dati. I numeri, come si sa, sono freddi!

Per quest’anno ci siamo risparmiati sia le dichiarazioni roboanti, sia le battute.

Purtroppo per gli Italiani, però, se l’anno che sta per finire è stato tutt’altro che “bellissimo” (anzi!), il 2020 rischia di essere ancora peggio, con una legge di bilancio come quella che state per votare esclusivamente orientata al tassa (sempre di più) e spendi (sempre peggio). Una legge di bilancio che sarà ancora ostaggio delle clausole IVA e dell’assistenzialismo per i prossimi anni, e che aumenterà il grado di preoccupazione degli Italiani per la crisi economica (già stabilmente al primo posto, secondo il 56% in un recente sondaggio).

L’auspicio è che questa spirale negativa termini al più presto, e l’Italia abbia finalmente un Governo forte del consenso popolare, coeso nei valori e negli obiettivi e capace di lavorare ad una prospettiva di ripresa economica duratura, senza interventi spot ma con una programmazione di medio-lungo periodo.

Insomma, un Governo di centrodestra.

 

Video