Legge di bilancio, dal balcone alla realtà dei numeri

In principio furono i festeggiamenti sul balcone. In onore della cosiddetta abolizione della povertà. Questo, almeno era il sogno descritto in quei giorni dalla narrazione governativa. 

Poi, piano piano, a quel segno cominciò a sostituirsi la realtà, fatta di freddi numeri e di rispetto di vincoli, di bilancio e non solo. Per arrivare, alla fine di questa primo tempo, ad un clamoroso impasse a pochi giorni dal giudizio dell’UE dopo l’apertura della procedura di infrazione, con conseguenti possibili sanzioni miliardarie a carico dell’Italia e quindi, in ultima analisi, dei cittadini-contribuenti del nostro Paese.

Si potrebbe sintetizzare così il percorso fin qui seguito dalla prima legge di bilancio gialloverde, quella che il relatore del M5S ha definito – ieri, in occasione dell’apertura della discussione generale sull’attuale testo – con la consueta enfasi da hashtag “manovra del cambiamento”.

Si tratta, infatti, al netto delle più o meno piccole elargizioni che ricordano la tanto vituperata Prima Repubblica, di un testo che nulla dice – in termini di proposte operative – sui due provvedimenti-bandiera dell’attuale governo, e cioè il reddito di cittadinanza e la cosiddetta quota 100 sui pensionamenti.

Sì, perchè al di là delle cifre – peraltro passibili di sforbiciate per venire incontro alle richieste di riduzione del deficit per il 2019 e gli anni successivi da parte della Commissione Europea – al momento non è dato sapere quale sarà la traduzione pratica delle promesse elettorale di M5S e Lega su quei due argomenti.

Lo sapremo, forse, dopo il primo voto di fiducia alla Camera dei Deputati e il successivo lavoro sul testo da parte dell’aula del Senato?

Oppure dovremo attendere i primi mesi del 2019, o metà anno, beninteso prima delle elezioni europee, vero obiettivo di sopravvivenza dell’attuale esecutivo?

Quel che è certo, è che il tanto sbandierato “cambiamento” non si è visto.

Piuttosto, abbiamo assistito – anche chi, come me, per la prima volta ha affrontato da legislatore questo impegno nelle Istituzioni – ad un tuffo nel passato, fatto di cabine di regia, di vertici, di emendamenti proposti e poi ritirati tanto per vederne l’effetto (clamoroso il caso delle penalizzazioni per le auto benzina e diesel, un vero colpo per la precaria condizione della produzione automobilistica italiana), tutto un armamentario che, come dicevo prima, sa tanto di Prima Repubblica.

D’altronde, solo un paio di anni fa, l’avvocato Luca Medici cantava, con lungimiranza, che “non finisce mai”. Aveva ragione, ahimè.